DDL intercettazioni VS piattaforme wiki?

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Da oggi wikipedia non è più accessibile nella sua versione italiana.

Nel messaggio oggi presente sulla home page si legge “Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita. Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni. Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine. Purtroppo, la valutazione della “lesività” di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all’opinione del soggetto che si presume danneggiato. Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l’introduzione di una “rettifica”, volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti”.

Il progetto di legge all’esame del senato se approvato modificherà l’art. 8 della Legge sulla stampa (L. 47 dell’8 febbraio 1948) che prevede, ai primi tre comma dell’articolo in esame:

“1. Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

2. Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.

Orbene, nella nuova formulazione, l’articolo dovrebbe continuare così, con la seguente aggiunta (l’articolo incriminato): “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilita` della notizia cui si riferiscono.”;

Per completezza aggiungo che la legge del 1948 fa seguire alla mancata ottemperanza alla rettifica la punizione con una  sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000 (così come stabilito  dall’art. 114 legge 24 novembre 1981, n. 689, Legge in tema di depenalizzazione e sanzioni amministrative).

Come spesso accade il legislatore interviene su leggi che attengono ad altri ambiti accorpando la materia informatica per analogia: in questo caso si interviene su una legge (del 1948) che disciplina la stampa.

La Cassazione (penale) è già intervenuta sul punto con la sentenza della Sezione V Penale, del16 luglio 2010 (dep. 1° ottobre 2010), n. 35511 affermando che per quel che riguarda lo assimilabilità di internet (rectius del suo “prodotto”) al concetto di stampato l’orientamento prevalente in dottrina è stato negativo, atteso che, perché possa parlarsi di stampa in senso giuridico (appunto ai sensi del ricordato art. 1 della legge 47/48), occorrono due condizioni che certamente il nuovo medium non realizza: a) che vi sia una riproduzione tipografica (prius), b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico (posterius). […] Se pur, dunque, le comunicazioni telematiche sono, a volte, stampabili, esse certamente non riproducono stampati. Bisogna pertanto riconoscere lo assoluta eterogeneità della telematica rispetto agli altri media, sinora conosciuti e, per quel che qui interessa, rispetto alla stampa. D’altronde, non si può non sottolineare che differenti Sono le modalità tecniche di trasmissione del messaggio a seconda del mezzo utilizzato: consegna materiale dello stampato e sua lettura da parte del destinatario, in un caso (stampa), irradiazione nell’etere e percezione da parte di chi si sintonizza, nell’altro (radio e TV), infine, trasmissione telematica tramite un ISP (internet server provider), con utilizzo di rete telefonica nel caso di internet.

Nella preaccennata sentenza la Suprema Corte con motivazioni analoghe esclude la responsabilità penale del direttore della testata on line per omesso controllo sui contenuti così come per i Provider.

Quindi del reato di diffamazione on line rispondere esclusivamente il singolo autore.

Già nel 2009 wikipedia è stata denunciata, unitamente all’autore della “voce”: Antonio e Giampaolo Angelucci hanno citato in giudizio l’associazione culturale Wikimedia Italia, con l’accusa di aver diffuso affermazioni diffamanti e lesive dell’onore sul portale di Wikipedia Italia e chiedendo, in sede civile, circa 20 milioni di euro di risarcimento.

Tuttavia in un caso analogo francese Wikimedia France, accusata anch’essa di aver pubblicato affermazioni lesive, venne completamente scagionata perché non ritenuta proprietaria o gestore del sito, e dunque non responsabile dei contenuti lì sopra pubblicati: il tribunale francese, quello di Grande Istanza, presieduto dal giudice Emmanuel Binoche ha affermato: “Si ritiene che, poiché la Fondazione non esercita alcun controllo sui contenuti degli articoli pubblicati, essa non possa avere alcuna responsabilità di tipo editoriale”.

Il progetto wikipedia è, infatti una enciclopedia basata su voci redatte dai singoli autori: le regole, sempre più rigide circa l’affidabilità dei contenuti e l’autenticazione obbligatoria per gli autori che intendono contribuire proattivamente al progetto non ne mutano la natura, appunto, WIKI (Un wiki è un sito Web che viene aggiornato dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti procedendo non solo per aggiunte, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. Ogni modifica è registrata in una cronologia che permette in caso di necessità di riportare il testo alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo).

Il problema, quindi, atteso quanto sopra detto circa la responsabilità in sede penale, sorgerebbe semmai in sede civile: i provider sono infatti, in alcuni casi, ritenuti responsabili di diffamazione unitamente agli autori per omesso controllo sui contenuti ma può wikipedia essere ritenuta, tout court, un provider?

Che tipo di responsabilità potrebbe essere rivolta alla piattaforma che, tra l’altro, non ha neanche sede in Italia, per i contenuti immessi (senza controllo) da milioni di utenti?

Come applicare la norma della rettifica in concreto? A chi comminare la (eventuale) sanzione amministrativa per l’omessa pubblicazione della rettifica?

La risposta è semplice: al singolo utente.

Pochi mesi fa si è assistito ad una polemica analoga relativa alla delibera dell’AGcom sulla possibilità di rimozione dei contenuti web in violazione del diritto d’autore; oggi si assiste ad un tentativo di equiparare una piattaforma collaborativa alla carta stampata.

In entrambi i casi si assiste al tentativo di applicare per analogia il diritto ai nuovi strumenti del web (2.0) con una disciplina che mal si adatta ai nuovi media, attese le loro caratteristiche intrinseche completamente diverse dai media tradizionali e che (presumibilmente) renderanno per lo più vani i tentativi  dei legislatori di tutto il mondo di arginare i fenomeni di “comunicazione e condivisione di massa” (wikileaks, wikipedia, youtube).

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