Alcune considerazioni relative alla sentenza del Tribunale di Milano sul caso RTI v. Yahoo! Italia.

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Con sentenza n. 10893/2011 il Tribunale di Milano ha (parzialmente) accolto le domande di Reti Televisive Italiane S.p.a. nei confronti di Yahoo! Italia S.r.l., accertando la violazione, da parte di quest’ultima degli articoli 78 ter e 79 della legge sul diritto d’autore (c.d. “LDA”).

Le riflessioni che seguono non sono dirette a esaminare analiticamente tutti i passaggi della decisione ma si concentrano su alcuni punti significativi e relativi essenzialmente alla disciplina dei servizi della società dell’informazione, in relazione alla quale la decisione ha una portata innovativa.

La sentenza ribadisce l’orientamento della Sezione specializzata per la proprietà industriale e intellettuale del Tribunale Milano che nel mese di gennaio 2011 si era espressa in senso analogo nell’ambito della causa tra RTI S.p.a. e Italia OnLine S.r.l. titolare del portale Libero.it.

Più in generale, tale sembra essere l’orientamento giurisprudenziale prevalente in Italia, come dimostra la pronuncia del Tribunale di Roma del 2009, relativa al procedimento cautelare promosso da RTI nei confronti di YouTube, nell’ambito del quale le motivazioni del Giudice riflettono quelle più recenti esposte dal Collegio milanese[1].

RTI ha agito nei confronti di Yahoo! Italia contestando la violazione dei diritti di utilizzazione economica relativi ai propri contenuti (ossia programmi televisivi messi in onda sulle emittenti televisive del gruppo “Mediaset”) diffusi illegittimamente nell’ambito del servizio “Yahoo! Video”, richiamando a sostegno delle proprie domande, tra gli altri, gli articoli 78 ter (“Diritti dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento”) e 79 (“Diritti relativi all’emissione radiofonica e televisiva”) della LDA, ma anche le norme della medesima legge che sanzionano l’illecita riproduzione, la messa a disposizione del pubblico su reti telematiche e l’illecita ritrasmissione di emissioni radiofoniche ovvero la messa in commercio di dischi o altri supporti indebitamente registrati (artt. 171 co. 1 e lett. a), a)bis, f), 171ter co.1 lett. a), b), c), 171ter co.2 lett.a), a)bis, c)).

Il nucleo della sentenza è costituito dallo svolgimento degli argomenti che inducono il Giudice da un lato a confutare la possibilità di considerare i contenuti di RTI come liberamente riproducibili, ai sensi degli articoli 65 e ss. della LDA, dall’altro a ricostruire il regime di responsabilità applicabile alla fattispecie.

Rispetto al primo punto, il Giudice ha rilevato che non è sufficiente rivendicare in via astratta l’esercizio del diritto di cronaca e di critica; al contrario la parte convenuta avrebbe dovuto dimostrare in modo puntuale e specifico l’esistenza dei presupposti di applicabilità, verificati in fatto e in diritto, con riferimento ai singoli contenuti messi a disposizione all’interno del servizio.

Per quel che concerne l’esame dei profili di responsabilità è interessante ripercorrere l’iter argomentativo seguito dal Giudice, per giungere alla conclusione in base alla quale l’attività di Yahoo! Italia (e non anche quella di Yahoo! Inc., anch’essa convenuta[2]) si configurerebbe come un “hosting attivo”.

La disciplina giuridica è posta dal D. Lgs. 70/2003 che ha recepito la Direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione e del commercio elettronico.

In relazione ai servizi di hosting, l’art. 16 dispone che il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che il prestatore non sia a conoscenza della illiceità dell’informazione, ovvero dei fatti e delle circostanze che rendano manifesta l’illiceità dell’attività e che, in ogni caso, una volta a conoscenza di tali fatti e su comunicazione delle autorità competenti agisca per rimuovere tali informazioni. Tale previsione va letta congiuntamente all’articolo 17 il quale stabilisce quanto segue:  i) non esiste un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni memorizzate ovvero un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite; ii) il prestatore di servizi è civilmente responsabile nel caso in cui, ricevuta richiesta dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non sia intervenuto tempestivamente per impedire l’accesso ai contenuti ovvero nel caso in cui pur avendo avuto conoscenza del contenuto di un servizio a cui garantisce l’accesso non abbia informato l’autorità competente.

Dalla lettura congiunta degli articoli di cui sopra, emerge una limitazione di responsabilità per i prestatori di servizi che offrano servizi di hosting. Come si legge nella Prima relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato Economico e Sociale Europeo, tale limitazione sarebbe essenziale al fine di garantire che “i servizi di base” possano “essere forniti secondo modalità idonee a salvaguardare la continuità nella libera circolazione delle informazioni in rete oltre che a realizzare un assetto favorevole allo sviluppo di Internet”.

Nella sentenza si sostiene che il regime di responsabilità sopra descritto, non sia applicabile al caso di specie, in quanto Yahoo! Italia non può essere considerato quale mero prestatore di servizi tecnici, automatici e passivi[3]. Ciò per le seguenti ragioni: i) il soggetto in questione trae profitto dalla messa a disposizione dei contenuti, inclusi quelli “uploadati” dagli utenti in violazione dei diritti dei legittimi titolari, attraverso la vendita di servizi pubblicitari collegati ai contenuti stessi; ii) le condizioni generali del servizio prevedono che Yahoo! Italia acquisisca in virtù del caricamento sul sito il diritto di riprodurre e distribuire i contenuti attraverso ogni qualsiasi mezzo di comunicazione e di intervenire su di essi, adattandoli e modificandoli e utilizzandoli per finalità pubblicitarie; iii) le stesse condizioni generali prevedono una manleva in favore di Yahoo! Italia per qualsiasi danno arrecato a terzi derivante dalla pubblicazione di contenuti caricati dall’utente. Yahoo! Italia si riserva, inoltre, il diritto di rimuovere, a propria discrezione, i contenuti caricati dagli utenti e ha posto in essere un sistema di segnalazione degli abusi, al fine di rimuovere eventuali contenuti illeciti; iv) Yahoo! Italia ha messo a disposizione un servizio ulteriore che consente all’utente – attraverso l’indicizzazione dei contenuti –  di visualizzare i c.d. “video correlati”.

In sostanza, analogamente a quanto stabilito nella causa civile di RTI contro Italia OnLine, l’attività di organizzazione dei contenuti, l’indicizzazione e la selezione anche per fini pubblicitari, viene assimilata dal Giudice a una forma di controllo “editoriale” o, per meglio dire, di gestione del contenuto, rispetto al quale si ritiene non sia possibile applicare le norme contenute agli articoli 16 e 17 del D. Lgs. 70/2003.

Ha portata senz’altro innovativa la definizione di “hosting attivo” che il Giudice utilizza per descrivere l’attività di Yahoo! Italia, introducendo una figura di intermediario che non solo mette a disposizione una piattaforma tecnologica, ma che in virtù della catalogazione delle informazioni che transitano su di essa, diviene responsabile delle violazioni dei diritti dei terzi poste in essere dagli utenti.

In conclusione il Tribunale di Milano si è espresso inibendo a Yahoo! Italia l’ulteriore diffusione dei contenuti e fissando a titolo di penale per ogni ogni violazione dell’inibitoria la somma di € 250,00 per ciascun contenuto audiovisivo non rimosso o disabilitato e per ogni giorno di ulteriore e indebita diffusione. Con riferimento alla quantificazione del danno la causa è stata rimessa sul ruolo istruttorio.

Dalle recenti pronunce dei tribunali italiani emerge un atteggiamento favorevole nei confronti dei produttori di contenuti e dei fornitori di servizi di media audiovisivi, rispetto alle istanze di quei soggetti, titolari di siti internet, che hanno determinato la nascita e lo sviluppo di nuovi modelli di fruizione, rivoluzionando il mercato dei contenuti e il cui ruolo è giudicato affine a quello degli editori

nella misura in cui l’atteggiamento rispetto alle informazioni veicolate non sia più neutrale e passivo bensì finalizzato all’offerta di servizi ulteriori ovvero alla diffusione di comunicazione commerciale.

Il tema è di grande attualità e investe anche l’ambito regolamentare: sarà interessante valutare il testo definitivo del regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica che sarà emanato dall’Autorità per le garanzie delle comunicazioni, in seguito alla consultazione pubblica che si è conclusa nel corso del mese di settembre.

Il regolamento – il cui testo è stato fortemente criticato – lasciando impregiudicato il ricorso agli organi giurdisdizionali, metterà a disposizione dei titolari dei diritti sui contenuti la procedura di c.d. “notice and take down”, mutuata dal diritto anglosassone.

Un ulteriore elemento di novità è, inoltre, costituito dalla definizione di “gestore del sito internet”, ossia – stando alla versione attuale del regolamento – di quel “soggetto che sulla rete internet presiede alla gestione di contenuti, anche caricati da terzi, e all’organizzazione dei medesimi anche attraverso un loro sfruttamento economico”.

La procedura sopra menzionata potrebbe offrire un rimedio ulteriore a disposizione dei soggetti legittimati per poter richiedere proprio ai “gestori di siti internet” (e ai fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici), la rimozione dei contenuti che violino la LDA.

Senza voler entrare nel merito delle disposizioni regolamentari non ancora approvate in via definitiva – e rinviando, pertanto, ogni commento in merito – in questa sede vale la pena interrogarsi sulla possibilità di accostare la definizione di “gestore del sito internet” introdotta dal regolamento, a quella di prestatore di servizi di “hosting attivo”, a cui fa riferimento la giurisprudenza recente sopra richiamata.


[1] Ordinanza del Tribunale di Roma del 15 dicembre 2009: “(…) la giuriprudenza sta ormai orientandosi nel senso di un valutazione caso per caso della responsabilità del provider che seppur non è ricondubile ad un generale obbligo di sorveglianza rispetto al contenuto non ritenendosi in grado di operare una verifica di tutti i dati tramsessi che si risolverebbe in una inaccettabile responsabilità oggettiva, tuttavia, assoggetta il provider a responsabilità quando non si limiti a fornire la connessione alla rete, ma eroghi servizi aggiuntivi (per es. Caching, hosting) e/o predisponga un controllo delle informazioni e, soprattutto quando, consapevole della presenza di materiale sospetto si astenga dall’accertarne la illiceità e dal rimuoverlo o se consapevole dell’antigiuridicità ometta di intervenire; nella specie innegabile ed evidente è la responsabilità delle convenute che, oltre ad organizzare la gestione dei contenuti video, anche a fini di puvbblicità (raccolta con le diverse modalità dipsonibili sulla Rete), nonostante le ripetute diffide ele azioni giudiziarie iniziate da RTI e la consapevolezza della sua titolarità dell’opera hanno continuato la trasmissione del Grande Fratello (…)

[2] Il Giudice ha riconosciuto che il ruolo svolto da Yahoo! Inc. non esorbita dalla mera fornitura di un servizio di storage dei dati di Yahoo! Italia sui propri server senza alcun ulteriore intervento su tali informazioni.

[3] Il considerando 42 della direttiva 2000/31/CE afferma che le deroghe alla responsabilità del prestatore di servizi della soceità dell’informazione si limita al processo tecnico di attivare e fornire accesso a una rete di comunicazione sulla quale sono tramsesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messa a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficeinte la trasmissione. Siffatta attività è di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servzi della socuietò dell’informazione non conosce nè controlla le informazioni trasmesse o memorizzate.

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