Il diritto alla informazione come diritto alla trasparenza ed alla buona relazione: Mentoring e Business Coaching, un valido strumento per il giurista.
1.Introduzione. – 2. La relazione per un ascolto attivo. – 3. Il giurista nuovo. – 4. Qualche riflessione.
- Introduzione
Comunicare contenuti necessita di strumenti in mano agli attori che si muovono per effetto della motivazione a condividere interesse per una determinata materia o questione.
In questo luogo, gli attori si muovono nello scenario di questa Rivista che raccoglie contenuti di settore.
Ho creduto questo “luogo” potesse costituire lo strumento più idoneo per condividere con giuristi – anche specialisti in innovazione – un nuovo modo di intendere il diritto alla informazione.
È un luogo prezioso per una condivisione mirata alla divulgazione di una nuova modalità di trasmettere know how ed esperienza.
Da giurista con background in-house ho imparato che il supporto è tale quando si fa proprio il bisogno dello stakeholder, quando si mette la propria competenza a supporto del bisogno, quando si crede nella buona condivisione delle informazioni come un diritto alla buona gestione del task e al raggiungimento dell’obiettivo di business che è obiettivo numero uno.
Questo “luogo” è il manifesto per la trasmissione di una cultura nuova, di un giurista che vuole affiancare il Cliente nel suo bisogno facendo leva sulla buona relazione, sull’ascolto attivo e interpretandone il bisogno.
- La relazione per un ascolto attivo
Viviamo in un’epoca in cui le prospettive future di ciascuno dipendono sempre più dalla capacità di gestire in modo ottimale se stessi e le proprie relazioni[1].
Ho cominciato ad affiancare giuristi più giovani qualche anno fa con il pensiero che i consulenti del futuro sono loro e l’impresa nuova ha bisogno di competenze che sappiano seguire l’onda della buona relazione, che si possano formare “impastati” di questa attitudine relazionale che non è sempre propria della categoria professionale a cui appartengo.
L’atto dell’innovazione è cognitivo ed emotivo poiché richiede competenze come l’iniziativa e la capacità di trasmettere persuadendo; in tutto il processo, non deve mancare la creatività, competenza che al giurista va insegnata se non gli è consona naturalmente.
Al giurista nuovo si richiede di andare oltre l’expertise.
La nuova misura di eccellenza dunque dà per scontato il possesso di competenze tecniche e punta su qualità personali, come l’iniziativa e l’empatia, la capacità di adattarsi e di essere persuasivi.
Vi è un bisogno di interpretare le nuove esigenze dell’Impresa e muoversi con questa, non in maniera fluida ma pensata, strutturata, professionalmente solida, evoluta.
Il mercato ha bisogno di questo nuovo giurista, un giurista nuovo che sappia muoversi in un sistema basato sui principi e non sulle regole; ciò richiede solide fondamenta etiche ed emozionali – non soltanto una buona competenza – nonché un focus a lungo termine sul cuore di ciò che un’azienda sta cercando di ottenere[2].
L’idea è che il giurista possa mettere in atto una cultura di eccellenza per riconnettere l’impresa al proprio scopo, alla propria ragione d’essere.
Questo nuovo modo di pensarsi “giurista” arriva se si parte da se stessi, coltivandosi per una crescita professionale ed umana al contempo, aperta all’ascolto mettendo dunque a servizio la propria competenza, assieme professionale e relazionale.
Il connubio riesce bene se è autentico e naturalmente operativo, ed il messaggio arriva dritto al risultato che è soddisfazione dell’Impresa ed è misurabile con i risultati dei numeri del fatturato.
Per arrivare ad una buona relazione, il giurista deve professionalmente operare con simpatia, sentimento, condivisione dei bisogni dell’Impresa.
Vi è un bisogno di affiliazione nella relazione con l’Impresa Cliente per riconoscersi e provare godimento e apprezzamento reale per le persone che di questa fanno parte e per il suo purpose.
Seguendo questo flusso, l’accesso alle informazioni arriva in modo naturale, non vi è bisogno di richiederle se non attraverso domande aperte per la risoluzione della criticità.
- Il giurista nuovo
È il professionista che sa cogliere attraverso una buona relazione col suo Cliente e con i suoi collaboratori i contenuti utili per soddisfare la richiesta di supporto dell’Impresa.
È l’avvocato che di innovazione è impastato, l’avanguardia nella scelta della modalità relazionale più autentica, umana, e degli strumenti di cui fa uso per lo svolgimento della sua attività professionale.
Portare questa cultura all’Impresa vuol dire essere consulenti di valore non soltanto perché si è competenti ma perché si entra nel bisogno dell’altro, davvero.
È finita l’epoca dell’avvocato irraggiungibile, non lo richiede più il mercato.
È un invito al cambiamento, quello vero, partendo da se stessi.
La competenza oramai la producono le macchine, esiste il legal tech, e ciò che fa la differenza è la qualità della relazione che non può essere improvvisata ma va studiata per acquisire gli strumenti perché sia efficace.
L’avvocato aperto al cambiamento deve sapersi mettere in gioco per attuare un cambiamento di prospettiva, dentro se stesso e partendo da se stesso, per arrivare all’Impresa in modo autenticamente professionale.
- Qualche riflessione
Capisco che per chi come me è cresciuto con il sogno dell’Avvocato d’Affari da copertina, il cambio di prospettiva è drastico.
Io l’ho compiuto con l’esperienza vissuta dentro l’azienda, respirando la sua aria da dentro, facendo da filtro anche con gli advisor esterni che però respiravano la loro aria; alcune volte però devo dire in maniera compassionevole e furba, capivano che era il caso di respirare anche loro direttamente dalla mia bombola d’ossigeno (che a volta era anidride carbonica!).
Il cambio di rotta l’ho fatto gradualmente imparando dalle Imprese e dai buoni manager, nave scuola per me per approcciarmi allo studio della sociologia e delle metodologie del mentoring e del business coaching dai migliori maestri, anche internazionali.
Sono passata dall’altra parte ed oggi l’Impresa è mia Cliente alla stregua delle Imprese dove ero in-house.
Opero adesso da fuori l’Impresa ma dentro i loro bisogni, ancor più che abitando i loro spazi.
Credo e spero che questa cultura nuova dell’Avvocato “relazionale” arrivi ai colleghi che sapranno leggere il bisogno dell’Impresa di averli al loro fianco, davvero.
[1] Daniel Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva, ed. 2018, 27
[2] John Whitmore, Coaching, come risvegliare il potenziale umano nella vita professionale e personale, 5 edizione, 2021, 8