Riusciranno i notai a non essere disintermediati nel mondo telematico? (Parte II)

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di Cesare Licini notaio

1. Prospettive di sviluppo comunitarie per un “Unico Mercato Digitale” e il perdurante senso del notaio.

Lo sviluppo di uno European Single Digital Market di successo deve immaginare formule capaci di recuperare la convinzione negli “utenti elettronici” pubblici e privati, che lo “spazio di giustizia telematico” è un posto sicuro, al quale concedere la propria fiducia. L’efficienza dei sistemi economici dipende da “buoni modelli di organizzazione specialistica della conoscenza”, e buone istituzioni che facilitano i fattori-chiave dell’investimento, la cui attendibilità oggettiva consenta di fare affari in modo più impersonale, cioè con meno bisogno di informazioni rassicuranti sulle persone: gli affari impersonali possono altrimenti andare dispersi per mancanza di fiducia reciproca. Quando le asimmetrie informative non possono efficacemente essere neutralizzate tra gli operatori stessi, è necessario che l’asimmetria sia protetta da un soggetto terzo.

Il mercato infatti non è un luogo esistente in natura che autoproduce certezza giuridica, ma è artificiale: la sua qualità c’è, solo se è di qualità la sua matrice di incentivi positivi e negativi fatti rispettare da chi ne è guardiano. Il servizio notarile è una esternalità positiva irriproducibile: crea titoli di legittimità formale certa delle risorse e ne permette la circolazione in sicurezza. Non bisogna guardare il mondo dall’osservatorio delle grandi imprese internazionali che sono in grado di fare i fatti propri da sé (con relativi danni alle comunità), ma dal punto di vista di una persona che si avventura nello spazio cibernetico. Se questa è persona avveduta, non gradisce negoziare con pixel senza volto sullo schermo di un computer, e si sottrae al mercato, salvo che non trovi soggetti-guardiani, qualificati e credibili, ai quali conferisce l’autorevolezza di ripristinare la fiducia nello scambio impersonale. E il contesto globalizzato e telematico contemporaneo rende ancora più incerta la possibilità di creare relazioni fondate sulla lealtà personale. La fiducia reciproca è l’asset fondamentale di qualunque sistema economico, e tuttavia la Direttiva 2011/83/UE, che scrive il regime legale uniforme della “European Digital Market Strategy”, dopo aver fissato alcuni elementi legali indefettibili, non prevede che essi siano presidiati da autorità guardiane, che vigilino sull’adeguamento degli operatori alle prescrizioni in materia di doveri di completezza e correttezza delle informazioni precontrattuali, utili anche a dissipare le nebbie che bloccano i consumatori trasformando il deficit di informazione in consenso informato.
Ma non c’è libertà se le informazioni non sono imparziali, certe e di qualità. Un cittadino senza informazione è senza opinione. La conoscenza è utile se i fatti sono resi, prima, oggetto di descrizioni esplicite, certe e standardizzate. Il mercato vuole informazioni corrette e prevedibili.
La soluzione ai problemi informativi del mercato può derivare dal passaggio attraverso una Trusted Third Party, nel mercato, ma non “di mercato”, ritenuto affidabile grazie alla reputazione di cui tali intermediari godono per il ruolo ricoperto nel mercato stesso. Tale soggetto ha la capacità di fornire l’informazione agli attori del mercato che colma l’asimmetria informativa.
Più aumenta il numero dei beni offerti con i metodi intangibili dei mercati digitali, più aumenta la “proprietà che ha bisogno di protezione pubblica”. Senza un di più nei servizi contemporanei, la crescita dei beni e dei consumi porta devianza, frodi, criminalità, il cui ri-equilibrio reclama una presenza costante del pubblico, invece così tanto temuto nell’ideologia del mercato, che come contraente forte vorrebbe tenersi le mani libere.
È anche abbastanza chiaro che non genera nuova fiducia, lasciare che provveda il contenzioso giudiziario a posteriori quando l’inconveniente si è già verificato. Quello che serve è un’interposizione ex ante, pre-contenziosa, e questo “controllo certificato” può esistere solo se affidato all’interposizione di un operatore-terzo. Per iniettare fiducia negli scambi impersonali telematici, può risultare efficiente interporre un pubblico agente-terzo, neutro, di fiducia condivisa (Trusted Third Party), che solennizzi l’affidabilità del sistema svolgendo una sorta di “test di legalità certificato” almeno sui punti più delicati, esercitando sovranità, perché qui si persegue un pubblico interesse. La fede pubblica che si genera, si sostituirà alla non raggiungibile personale fiducia privata fra i contraenti.
I notai, pubblici ufficiali imparziali per legge, non sono gli utenti, ma i custodi della neutralità delle reti; nel senso che sono i terminali stessi di quella “piattaforma infrastrutturale della pubblica certezza”, su cui corre in sicurezza la circolazione giuridica. La tradizione dimostra che la solennità dell’intermediazione di un pubblico operatore-terzo e disinteressato come organo di validazione legale, spande autorevolezza in cui il cittadino riconosce il proprio alter ego che lo convince che può accedere al mercato on-line, finalmente presidiato da “procedure di giustizia, qualità e certezza”.
La questione del senso del notaio si risolve nell’efficienza delle procedure di formalizzazione notarile quali plusvalore economico-legale rispetto a quelli che sono i veri utilizzatori, quegli utilizzatori indiretti ma finali, che sono i giudici (“Judges as users”): ogni iniziativa migliorativa non deve guardare tanto ad eliminare costi, quanto a proporre assetti che minimizzino la spesa necessaria a fornire al giudice le evidenze necessarie a convincerlo dandogli certezze pubbliche; questo costo di formalizzazione è minore della spesa che, a posteriori, si dovrebbe affrontare per ricostruire la certezza del diritto, ed è quindi un costo efficiente, cioè il più basso costo transattivo tra quelli possibili.
Tutto ciò dovrebbe portare tutti i notariati latini ad interrogarsi sulla necessità di essere in linea con i tempi, o meglio, con le capacità offerte dalla tecnologia vincente. E quindi affrontare discorsi impervi come le ipotesi di rendersi disponibili a stipulare sulle piattaforme telematiche i Remote Acts, contratti in video-conferenza on-line fra parti lontane-dovunque-siano, identificate con le moderne tecnologie che oggi consentono con ragionevole sicurezza la ricostruzione equivalente alle tradizionali forme visive anche sotto il profilo delle possibilità di verifiche, visibilità reciproca, dialogo e confronto simultanei, riproducendo in quel mutato contesto le stesse garanzie che dà oggi il contratto “analogico”, cioè “come se” parti e notaio lontani fossero parti compresenti davanti al notaio, per poter continuare a dare consiglio giuridico e controllo di legalità. È chiaro – ma non è questo il luogo per approfondire – che si porrebbero così nuovi problemi di giurisdizione competente, di competenza territoriale, di sede di stipula, di sede del notaio, di localizzazione e visibilità delle parti lontane, di forme di affidabilità degli strumenti messi a disposizione per l’accertamento dell’identità e dell’emittente, fino a inediti problemi di concorrenza fra i notai stessi. Sarebbe un cambiamento epocale che attiverebbe dinamiche imprevedibili nelle scelte professionali degli stessi notai e nelle tendenze che potrebbero assumere i clienti, ma è un “hic sunt dracones”, una “terra incognita” nella quale non potremmo rifiutare di entrare, pena l’estinzione, “perché non si può vivere senza avere il coraggio di entrare nel bosco”.

2. I progetti di riposizionamento on-line della legislazione e della Giustizia UE.

Infatti l’osservazione del contesto evolutivo e prospettico della normativa comunitaria trascina noi notai al centro di dinamiche che ci coinvolgono nei progetti di riposizionamento informatico della legislazione UE o dei quali subiremo i riflessi e i rimbalzi delle scelte che conterranno; progetti che ci espongono a rischi di marginalizzazione indotti dalle nuove tecnologie nonostante la nostra condizione sia tecnologicamente up-to-date, ma che possono anche offrire opportunità di funzionalità nuove, che ci vengono dall’abituale ruolo di gatekeeping che siamo pressoché unici a potere e sapere svolgere, ma reinventato sulla scena del mercato on-line anche se portato su piattaforme transfrontaliere, alle prese con i nuovi problemi così indotti sull’ordine pubblico.
La UE sta perseguendo con determinazione il progetto di trasferire su base digitale on-line sostanzialmente tutte le attività che appartengono alla giustizia in senso lato, dai profili legislativi e giudiziari a quelli negoziali e contrattuali1, e con lo slogan: “la Corte non è un luogo ma una funzione” e quindi non ha bisogno di austeri palazzi perché bastano gli schermi coordinati dei computer in rete, sta mettendo a punto programmi europei di sviluppo del concetto di (i) E-Law = legislazione elettronica e pubblicazione elettronica del diritto, nei suoi differenti aspetti quali “autenticità degli atti elettronici” e accesso alla legislazione elettronica; (ii) E-Justice, concetto simile che include l’uso delle tecnologie digitali nel campo della giustizia (scambio elettronico di documenti giudiziari, registri elettronici, videoconferenze, portale “European E-Justice”; (iii) portare i registri pubblici immobiliari e commerciali su piattaforme IT on-line e renderle accessibili in modo transfrontaliero in tutto lo spazio unico europeo, per le informazioni e soprattutto per l’esecuzione delle formalità di pubblicazione di fatti e atti.
La UE considera che la giustizia (intesa come l’area del diritto in generale, dalla legiferazione, alla contrattualistica, al contenzioso) resa elettronica e on-line su scala europea, sia un passo irrinunziabile per potersi presentare come una potenza socio-economica continentale all’altezza dei tempi e del mondo globalizzato. Quindi vuole il passaggio totale all’uso e allo sviluppo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione in completa sostituzione dei supporti analogici cartacei, al servizio dei sistemi giudiziari degli Stati membri, in particolare in situazioni transfrontaliere, per un maggiore accesso alla giustizia e all’informazione dei diritti fondamentali (Portale europeo della giustizia elettronica), ispirato alla filosofia della completa interoperabilità organizzativa, giuridica, tecnica e semantica, ma anche per sviluppare concorrenza e ridurre costi a carico dei consumatori, e si deve accedere da casa a qualsiasi piattaforma, privata o pubblica.
Però, vista così, nonostante i proclami per la giustizia e l’equità, complessivamente la normazione europea appare strabica. Se terrorismo, crimine transfrontaliero, cyber-crimine on-line sono le tre priorità fondamentali al centro dell’Agenda Europea sulla Sicurezza, l’attenzione nei progetti relativi all’incremento delle attività commerciali e dei mercati, si rivela poi tutta a facilitare solo le iniziative del mercato; in questi progetti sono trascurati i presidi di contrasto dell’illegalità ai fini di tracciamento di beni e persone, che aprirebbero varchi nel sistema, davvero criminogeni, se usate in modo distorto e anonimo per creare “velocemente e con facilità, strati su strati di paper companies (società di carta) che attraversano confini e giurisdizioni e rendono sempre più difficile tracciare il denaro” (considerando della direttiva UE n. 2015/849, c.d. V Direttiva antiriciclaggio). E gli avanzamenti nella tecnologia e nei sistemi delle comunicazioni, globalmente interconnessi, rendono sempre più semplice occultare fondi intorno al mondo, creando velocemente strati su strati di società e transazioni per distanziare il proprietario effettivo dai beni posseduti.

3. Il valore dimenticato del presidio dell’ordine pubblico economico.

Il web mette a disposizione uno strumento capace di nascondere in modo straordinariamente efficace l’identità e chi ha il controllo di entità varie, perfettamente adatto per interporre fra sé ed i controlli la maggiore distanza giuridica possibile, ostacolando direttamente e deliberatamente la trasparenza e scaricandone i costi sul resto della società favorendo l’anonimato, l’abuso, l’usurpazione di identità, nonché l’utilizzo per attività illecite come il riciclaggio, il finanziamento al terrorismo, e tutto spesso sulla scala transfrontaliera e con palcoscenico il mondo.
Perciò credo che ogni prospettiva di sviluppo della concorrenza debba rispondere, prima di tutto, non all’implementazione del “diritto di libertà di impresa”, ma dell’ordine pubblico, cioè al bisogno di garantire alle collettività il “diritto alla “pubblica sicurezza” (che si descrive come contesto ambientale sicuro, di pace sociale, trasparenza, sicurezza e incolumità collettiva): questa è la condizione affinché il quadro comunitario e internazionale nel quale i giochi degli affari e della concorrenza si svolgeranno, sia adeguatamente presidiato contro il crimine. L’infiltrazione nella società obbliga a parlare ormai di una zona grigia del “terziario della criminalità” inserito nel terziario dell’economia: la “contre-société” si mimetizza con la gente comune usando le stesse vie legali dei mercati della circolazione globale di uomini, servizi, denaro e merci.
Questa zona grigia corrotta va neutralizzata. In questo scenario il notaio, che per statuto legale è pubblico ufficiale e leale interprete dell’ordinamento giuridico, della trasparenza e della certezza della tracciabilità delle transazioni, svolge un ruolo cardinale nell’assicurazione della legalità, come organo decentrato di collaborazione. Il momento in cui sono all’opera i “colletti bianchi” delle organizzazioni criminali, i “cattivi” sulla scena del paper trail, è dunque critico, perché è quello dell’entrata nei circuiti della legalità. I “colletti bianchi” gestiscono il processo di dissimulazione mediante washing cicles pianificati per disperdere l’origine delle risorse impiegate. Qui l’azione di polizia di sicurezza preventiva e repressiva contro le condotte antisociali criminali, economiche, finanziarie e valutarie, ha bisogno che i dati siano uniformati e usati all’interno del circuito di tracciamento (tracing) in modo che dati personali, documenti, beni e operazioni diventino veri e propri anelli di una filiera uniformata e riconoscibile. Questo tipo di presidio si riverbera direttamente sulla stessa tutela del mercato auspicata dal diritto di libertà di impresa, perché la criminalità che vi agisce, per definizione, danneggia il principio di lealtà fra concorrenti e di parità di condizioni che presiede al quadro macro-economico della libera concorrenza.
Ordine pubblico oggi significa azione contro le infiltrazioni del crimine internazionale sulle piattaforme digitali, e profili macro-prudenziali e di gatekeeping che riguardano l’ambito dell’azione pubblica contro la criminalità transfrontaliera e digitalizzata al centro dell’azione UE (“European Agenda on Security”, 28 aprile 2015, COM(2015) 185): cioè strategie di prevenzione e contrasto lungo i canali della circolazione nelle reti globali per impedire che proliferi l’anonimizzazione criminale. Oggi bisogna alzare le barriere delle forme pubbliche, non demolirle: bisogna confermare, contro ogni tentativo di disintermediazione (sottoscrizioni private on-line, telematicamente, a distanza, senza mediazione di certificazione pubblica e di presenza fisica davanti ad autorità nazionali, sull’altare del feticcio della piena libertà individuale), l’irrinunziabile intermediazione pubblica face-to-face del cliente davanti al notaio nella rinnovata unicità del suo ruolo nelle strutture dell’ordine pubblico economico, anche nel “Nuovo Mondo Digitalizzato e Telematico”.
La IV direttiva AML/CTF del 21 maggio 2015 conferma la policy di intensificazione della procedimentalizzazione pubblica, affermando l’essenzialità del controllo all’accesso nel circuito della legalità mediante registri pubblici, che è espressamente incrementato, e in contrasto con progetti in contro-tendenza e criminogeni, di immatricolazione di società on-line senza “preventive verifiche di contatto con l’operatore richiedente, da parte di un ufficio pubblico”. In questo quadro, i notai sono gli unici usabili come “agenzie di prevenzione e contrasto” in qualità di terminali fiduciari e pubblici sul campo, in quanto pubblici ufficiali delegatari di funzioni pubbliche come vuole il programma analogo Europa 2020, per essere considerati un (l’) anello forte del sistema: sulle porte della legalità, il notaio-presidio identifica gli attori e può cogliere “segnali di allerta” nella filiera, secondo un modello efficiente che chiede di ricostruire assetti proprietari e sistemi di governance interrogando i registri pubblici, e di alimentare “magazzini della trasparenza documentale”.
Ultimamente il GAFI ha reso noto un documento (FATF/PDG(2018)23/REV1, 23 novembre 2018, Policy Development Group, Rba Guidance For Lawyers, Accountants And Tcsp. Draft Guidance) che contiene il progetto revisionato della Guida all’approccio basato sul rischio (RBA Guidance) per legali, professionisti contabili e fornitori di servizi di trust (TCSP). Questo documento sarà sottoposto all’approvazione nella Conferenza OECD/OCSE (Organisation for Economic Co-operation and Development: Organizzazione pe la cooperazione e lo sviluppo economico) a Parigi il 19 febbraio 2019. Esso intende dare indicazioni circa il riconoscimento di pericoli alla pubblica sicurezza e all’incolumità delle persone, con lo scopo di dare assistenza ai professionisti legali nell’implementazione del Risk Based Approach nella caccia alle attività di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo (AML/CFT), fornendo esempi di buone pratiche correnti, con particolare attenzione a studi professionali piccoli o di un solo professionista (la redazione è di matrice totalmente anglosassone). Peraltro, correttamente estende l’attenzione anche ai notai di civil law quali professionisti legali che vengono descritti in modo appropriato (Section III – Guidance for lawyers and notaries), e si tratta di affinamenti sempre più sofisticati dell’approccio culturale-professionale ai doveri di verifica della trasparenza sul beneficiario effettivo, volendosi espressamente conciliare i severi codici di condotta professionale ed etica dei legali, con gli indici di rischio geografico, natura del cliente, natura della transazione, ecc., ma senza novità di metodo, se non – appunto – strumenti di declinazione sempre più complicati.
È molto importante cogliere il punto 40 (Formation of companies and trusts), perché qui si dice chiaramente che in certe giurisdizioni i notai sono coinvolti nella costituzione di una società. I criminali cercano di proteggere gli assets criminali aggirando la capacità di controllo della legge sull’origine della titolarità dei beni. Le società sono viste dai criminali come veicoli potenzialmente utili allo scopo. Mentre le shell companies, che non sono operative, possono essere usate a fini leciti, ma anche per nascondere il beneficial owner, le c.d. shelf companies (società già pre-costituite da tempo e in vendita “come una merce su uno scaffale”) servono anche per incrementare una fasulla percezione di legittimità che deriverebbe da una risalente e quindi non sospettabile nascita, facendo credere che la società sia degna di reputazione perché è operante nel mercato normale. Le shelf companies possono darsi anche strutture complesse per nascondere ancora meglio le informazioni sul titolare effettivo.
Importante anche la lettera k del punto 93, che evidenzia il pericolo dei rapporti non face-to-face ai fini di contrastare l’anonimità, dicendo che se il rapporto e la comunicazione fra il legale e il cliente avviene in via informatica, le caratteristiche del professionista escludono, in sé, un maggiore rischio per le ragioni connesse al citato legal privilege.
“40. In some countries, legal professionals (in civil law jurisdictions this will usually be a notary) must be involved in the creation of a company. While in other countries members of the public are able to register a company themselves directly with the company register, a legal professional’s advice is sometimes sought at least in relation to initial corporate, tax and administrative matters.
41. Criminals may seek the opportunity to retain control over criminally derived assets while frustrating the ability of law enforcement to trace the origin and ownership of the assets. Companies and trusts are seen by criminals as potentially useful vehicles to achieve this outcome. While ‘shell’ companies, which do not have any ongoing business activities or assets, may be used for legitimate purposes such as serving as a transaction vehicle, they may also be used to conceal beneficial ownership, or enhance the perception of legitimacy. Criminals may also seek to misuse shelf companies formed by lawyers by seeking access to companies that have been ‘sitting on the shelf’ for a long time. This may be in an attempt to create the impression that the company is reputable and trading in the ordinary course because it has been in existence for many years. Shelf companies can also add to the overall complexity of corporate structures, further concealing the underlying beneficial ownership information.
89, lett. l). Transaction/Service Risk (…) The use of shell companies, companies with ownership through nominee shareholding and control through nominee and corporate directors without with no apparent legal, tax, business, economic or other legitimate reason.
93, lett. k). Risks that may arise from non-face-to-face relationships and could favour anonymity. Due to the prevalence of electronic communication between legal professionals and clients in the delivery of legal services, non-face to face interaction between legal professionals and clients would not, standing alone, be considered a high risk factor on its own. The treatment of non-face to face communications should always be subject to the approach taken by legislation and regulators in the relevant jurisdiction”.
Questa ultima parte va letta come un vero e proprio allarme che GAFI, massimo think tank mondiale contro le tecniche riciclatorie e di finanziamento al terrorismo, lancia contro la facilità dell’utilizzo delle shell companies e delle shelf companies, che in molte giurisdizioni si costituiscono senza interventi pubblici, e che induce a sottolineare quanto sia necessario far valere in tutte le sedi ogni volta che sia possibile, contro l’abbassamento delle regole formali per favorire lo snellimento delle attività di impresa, l’inaccettabilità dei tentativi di disintermediazione dell’intervento dell’autorità pubblica nelle attività on-line, soprattutto nell’ottica della prevenzione di ordine pubblico e criminale.
Questa ultima parte mi induce a sottolineare quanto sia necessario far valere in tutte le sedi, ogni volta che sia possibile, l’inaccettabilità dei tentativi di disintermediazione dell’intervento dell’autorità pubblica nelle attività on-line, soprattutto nell’ottica della prevenzione di ordine pubblico e criminale contro l’abbassamento delle regole formali per favorire lo snellimento delle attività di impresa.
In questo spazio cibernetico, ormai lo abbiamo capito, nonostante noi notai siamo perfettamente attrezzati tecnicamente per poter essere parte attiva del sistema, non è quindi così ovvio che il notaio riesca a mantenere la propria collocazione e il proprio statuto tradizionale, anzi potrebbe finire per esserne addirittura estromesso: perché le nuove tecnologie non sono neutrali, ci sono ostili e possono divenire esiziali, a causa del fatto che le potenzialità che ormai esprimono in termini di certezza e sicurezza possono apparire all’opinione pubblica, ai governanti e ai decision-makers, concorrenziali, fungibili e alternative rispetto al servizio fornito dal notaio2, specie se vengono contemplate in congiunzione con le spinte alla disintermediazione dei servizi anche pubblici, che vengono da molti settori delle istituzioni comunitarie e dal mondo delle imprese. E l’estromissione del notaio dal circuito di pubblica sicurezza dei diritti e degli affari consente alle forze mercatiste di calcolare di recuperare al mercato generale le risorse destinate ai compensi notarili, oltre ad accentrare su di sé l’autorevolezza simbolica di diventare i guardiani del diritto, e rimodellando sulla propria immagine la sistematica giuridica. Infatti nel Progetto in corso presso UNCITRAL, ad es., relativo alle PMI, si ragiona di registrare on-line la costituzione di una società senza notarizzazione, che è espressamente definita “superata formalità”; lo stesso tenta di fare da noi il MISE con goffi e cervellotici decreti (cfr. l’ultimo, del 1° luglio 2016, emesso dal direttore generale vicario per aggirare i problemi della normativa antiriciclaggio nell’iscrizione delle start up innovative) che, pur cercando di regolare l’impossibile, potrebbero tuttavia riuscire a passare con la mera forza del potere.
È così vero che i sistemi Blockchain garantiscono “certezze notarili”? Abbiamo già visto come la te(cn)ologia denominata Blockchain, che ama autodefinirsi come un “registro pubblico decentrato”, nel quale possono essere iscritte tutte le transazioni, è proposta per essere utilizzata come registro in cui inserire anche un contratto o un certificato, evitando l’intermediazione di terze parti, come la banca, il notaio o l’avvocato, e mantenendo, dall’altro lato, le garanzie di certezza e pubblicità.
Ciò significa innovazione e cambiamento? I “cambiamenti più incisivi e significativi si stanno verificando proprio sul fronte dell’attività notarile e legale, (…) un settore destinato ad essere ripensato completamente”, dice la startup italiana Eternity Wall con il suo servizio Notarize: “in Spagna, la certificazione di un documento costa in media 250 Euro. Grazie alla Blockchain, qualsiasi tipo di dati può essere certificata a partire da 20 centesimi, che è un taglio dei costi del 99,9% rispetto ai costi di un notaio, presentando lo stesso grado di affidabilità. Ma che le funzioni notarili possano essere facilmente replicate e sostituite dalla tecnologia, in fondo si è sempre saputo”.
Sotto questo profilo, noi notai possiamo pure essere perfettamente aggiornati e operativi sulle soluzioni informatiche più avanzate, ma questo non è strategicamente sufficiente e non ci dà alcun vantaggio competitivo per sentirci al riparo, perché altre soluzioni oggi possono dare un servizio accettabilmente parificabile al nostro, e potrebbero essere comunque preferite, avendo raggiunto nel pensiero comune e nei legiferatori un “tasso di sostituibilità” alla pari, se non altro perché almeno inizialmente saranno messe sul mercato a niente, e potranno contare anche solo su ragioni banali e magari nemmeno vere ma sapientemente diffuse (il presunto minor costo, ad es., delle startup s.r.l. senza notaio sarà sicuramente ripagato con l’inevitabile assistenza di altri consulenti dei quali non si potrà fare a meno, data la complicazione del sistema sostitutivo). Del resto, le evoluzioni tecnologiche informatiche danno ragione a queste derive tecnocratiche, che possono raggiungere una massa critica alla quale non sarà più possibile opporsi, perché sono ormai capaci di fornire “forme artificiali di autenticazione on-line e telematica” (Blockchain), che per la prima volta sono – apparentemente – almeno altrettanto affidabili, sul versante della mera certezza, da poter pensare che possano sostituirsi perfettamente alla certificazione notarile. Il che è davvero definitivamente possibile oggi, almeno sul versante meramente meccanico del senso della certificazione come “fornitura di certezza e sicurezza”, se si riflette che questi progetti possono fondarsi sulle (inattaccabili?) firme biometriche, che si ottiene dal rilevamento dinamico dei dati di un individuo quindi necessariamente vivente.
Se significato della firma cartacea autenticata è prima di tutto: “io ero fisicamente presente, ero lì, mentre firmavo, e la traccia possiede il valore di provenienza certa e insostituibile, cioè il fatto di attestare che un preciso corpo, vivente, è stato lì, presente, oltre alla circostanza che una mente, ubicata in un corpo e non in un altro, era cosciente” (M. Ferraris), allora l’entrata in campo della biometria ci toglie l’argomento principe dell’inefficienza, dell’insicurezza e dell’insoddisfazione del sistema al tempo dell’elettronica, rispetto alle quali avevamo buon gioco a negarne l’affidabilità, perché essa poteva essere stata sottratta, e il titolare poteva ad es. non essere più vivo.
Mentre la componente plusvalente, quella della consulenza, del consiglio indipendente e dell’adeguamento della volontà delle parti, che noi crediamo che sia tanto pregiata e invidiata, in ambiente di common law non è così apprezzata, dato che il consiglio “indipendente” del notaio al cliente, semplicemente non è considerato tale: è vero consiglio indipendente – si dice – solo quello dato dal lawyer nell’interesse esclusivamente egoistico del proprio cliente, non quello della nostra medietà nell’interesse di tutte le parti, e non basterebbe, se diventasse oggetto di un attacco alla permanenza di senso della funzione di adeguamento, opporre che quello del notaio si intende come “messa in guardia” e “garanzia di comprensione” di ciò che il cliente firma. Troppo debole e poco moderno, quindi anche per questo profilo il notaio è sacrificabile.
Qui l’attenzione deve essere massima perché il trasferimento sulle piattaforme on-line attiva fortissimi interessi economici che predicano l’accessibilità diretta del privato-utente senza pubblici intermediari anche al registro pubblico, e sono espressione di filoni insensibili alle esigenze dell’antiriciclaggio, espressione di due “anime” che sono sempre in competizione, e in cui una minima distrazione favorirebbe il “partito liberista” indifferente a qualunque soluzione che possa rallentare la massimizzazione del proprio profitto, dei tempi e dei costi, nell’indifferenza ai valori generali, che porterebbe al completo disarmo delle strutture di prevenzione pubblica nell’accesso ai circuiti di legalità, eliminando l’intermediazione di un pubblico ufficiale che verifichi gli elementi minimi di certezza di soggetti, titoli e oggetti negoziali, e che svolga la due diligence nei servizi di antiriciclaggio e di contrasto al terrorismo e al suo finanziamento.

4. La rinnovata funzione del notaio quale custode del “diritto alla pubblica sicurezza” on-line.

Infatti la mistica del “registro disintermediato” – quella specie di macchina della verità che si vuole che sia lo strumento per costruire fiducia e controllo senza il ricorso a terze parti, perché tutto è garantito dall’autoresponsabilità del peer-to-peer privato che trasforma i privati in individui capaci di registrare i dati in un registro che si autocertifica, nella presunzione che la salvifica nuova infrastruttura di un mondo decentralizzato pubblicamente verificabile – manterrebbe così le garanzie di certezza e pubblicità senza dover passare da alcuna autorizzazione. Ogni prospettiva deve rispondere, non solo all’implementazione della concorrenza (“diritto di libertà di impresa”), ma, forse prima, all’ordine pubblico, cioè al bisogno di garantire alle collettività il “diritto alla “pubblica sicurezza” di un contesto ambientale sicuro, di pace sociale, sicurezza e incolumità collettiva. Ordine pubblico a partire dall’irrinunciabile contrasto alle infiltrazioni dell’illegalità sulle piattaforme digitali, che non può essere che azione pubblica e polizia e prevenzione pubblica sulle reti globali. Non si possono abbassare le difese telematiche proprio quando il potere criminale digitale si proietta a livello internazionale verso quei Paesi le cui legislazioni sono più permissive e sono meno rigidi i controlli istituzionali (cfr. G. De Gennaro).
Come si vede, l’auspicato assetto mainstream porterebbe con sé il grave difetto di estromettere insieme alla funzione pubblica disintermediata, ogni due diligence pubblica sul tema antiriciclaggio/antifinanziamento al terrorismo, e di fatto creerebbe percorsi totalmente alternativi ed esenti da ogni seria applicabilità dell’AML/TF, in quanto in mano strettamente privata. Ci si aspetterebbe uno stop immediato, e invece continuano a trovare ascolto presso le istituzioni (v. da noi l’atto costitutivo di s.r.l. startup senza notaio), dando spazio magari non voluto alle derive illecite, ma il cui rischio sembra accettato da quella parte dell’anima delle istituzioni europee, insensibile a queste ragioni di ordine pubblico economico perché ispirata e sorretta da giganti economico-finanziari che hanno più interesse a velocizzare nel proprio egoistico interesse i mercati, poi si vedrà, non è la loro responsabilità (tanto essi sono così strutturati che alla propria sicurezza provvedono da soli); che però ha altrettanta presa nelle istituzioni ed ha addirittura la forza di prevalere, perché in questi progetti è totalmente assente il momento della tutela contro i traffici criminali senza più controllo.
Questo comporterebbe, se alla fine dovesse davvero prevalere questo trend, la prevalenza di queste politiche di disinteresse per l’ordine pubblico, ma perfettamente efficienti al mondo opaco che si regge sulle shell companies, quelle finte società che sono vuoti soggetti giuridici, strumentali entità giuridiche legali ma solo per poter proporsi poi come attori anonimi sulla scena degli ordinamenti giuridici, che non imprendono nulla di proprio e servono solo come veicolo per scopi vari da parte del loro dominus, senza possedere significativi assets od operatività (notissime quelle del Delaware e del Nevada), e che si avvalgono di criptovalute altrettanto perfettamente anonime. Ogni singolo pezzettino di totale ed in sé innocua espressione di privatezza (società, valute, contratti, telematica) anonima e liberata dall’invasività pubblica, finisce così per attrarsi con gli altri pezzetti di privatezza fino a comporre un puzzle che, nella sua complessione, cambia natura e appare nel suo vero essere, che è impenetrabile anonimato all’ombra del quale ogni operazione sarà non più riconducibile ad un beneficial owner in carne e ossa, che pur esisterà ma non riconoscibile, non perseguibile e non condannabile.
Ci rimarrebbe a questo punto solo il controllo di legalità nel modello romano-germanico che incardina una giustizia presieduta da “funzioni pubbliche guardiane”, fra cui i notai concessionari di funzioni di agenzia pubblica, dentro una riconosciuta rappresentanza fiduciaria di interessi generali e/o di parti deboli. Ma davanti alle tendenze e ai paradigmi attuali, indifferenti al pregio nell’interesse generale del primato della legalità come “spazio di giustizia”, che consente l’immissione di ogni situazione giuridicamente rilevante nei circuiti della legalità solo se supera un preventivo test di legalità esplicito, il suo pregio sembra essere ben poca cosa, facilmente indennizzabile con l’assicurazione, quindi a favore di una sorta di “legalità sospesa”, (che non è anti-diritto, ma) “a-legalità” del momento negoziale, da sottoporre al “test di legalità” solo ex post davanti a un giudice.

5. Il Notariato deve essere armonico alle “reti neuronali” di cui vuole essere custode.

Per questo credo che il Notariato nazionale dovrebbe prima di tutto riverificare se le procedure che sviluppa sono compatibili con il modello di avanzamento tecnologico che si sta radicando. Poi, deve fare la scelta strategica di vere e proprie campagne per motivare e mobilitare i notai nella loro operatività quotidiana affinché si adottino con convinzione le modalità che sono già consentite all’atto pubblico informatico con protocolli proattivi e funzionali alle grandi reti neuronali in cui si strutturano le odierne piattaforme.
Ma per fare questo occorre darsi prima di tutto delle “bandiere”, degli obiettivi “epocali” di alto profilo, affinché nel mondo digitale delle reti che hanno azzerato le distanze che ci separano da coloro con cui dobbiamo comunicare e lavorare, ci impongano con prepotenza a garantire la pubblica sicurezza e il controllo economico del territorio, utilizzando in ogni Paese membro le istituzioni pubbliche nazionali che forniscono il servizio di gate-keeping, in modo che ognuno diventi un nodo della catena di sicurezza e di ordine pubblico prima nazionale e poi comunitaria, in chiave difensiva verso i cittadini vulnerabili di fronte alle minacce di coloro che sfruttano slealmente o illegalmente le connessioni globali. Che soprattutto si cerchi di assumere all’esterno, a tutti i livelli possibili, politico, economico, interprofessionale, sociale, una sorta di leadership nell’elaborazione di complete “visioni” telematiche capaci di valorizzare le nostre potenzialità di “terminali pubblici”, fornitori di valori di sicurezza, di eccellenza e di velocità in un modo che è cambiato ma che di tali sponde mostra di avere ancora bisogno, perché il grande spazio cibernetico può essere troppo facilmente attraversato da corsari e banditi di ogni specie. Il nostro biglietto da visita sono questi assets, nel dibattito culturale che ultimamente è sempre più intenso fra utopisti della disintermediazione e consapevoli sostenitori di un concetto di élite correttamente declinato come una sorta di aristocrazia della conoscenza e del servizio pubblico votata al servizio di tutti.
Le cose peggiorano nella prospettiva della rete di quinta generazione (5G) che diventerà operativa nel 2020 e collegherà milioni di dispositivi nel mondo, ad alta velocità e bassa latenza: tutti connessi dentro la medesima rete che vuole essere un unico sistema nervoso globale che risponde allo slogan che “tutto deve essere connesso con tutto”.
Il punto è che la rete 5G sarà per ogni operatività umana lo standard di comunicazione mobile ad alta velocità, consegnando alla realizzabilità molti programmi e progetti forse ancora oggi nemmeno immaginati perché al momento tropo “pesanti”.
Nessuno è esente, e ovviamente nemmeno la digitalizzazione delle infrastrutture, l’Internet of Things, le tecnologie che potrebbero già funzionare ma sono in attesa di poter essere implementate non appena disponibile una rete a banda larghissima, e che richiederanno – imporranno – nuovi livelli tecnici e normativi, sostenuti da grandi disponibilità economiche.
L’attuale 4G non è adatto a sostenere un’evoluzione tecnica che richiede che “tutto sia connesso con tutto”. “Il 5G è pensato come una rivoluzione silenziosa che entrerà ovunque nelle vite delle persone, un nuovo sistema nervoso mondiale che andrà a innervare ogni casa e ogni strada, ogni device e ogni azione della quotidianità. Non è solamente una questione di banda, perché ci sarà un netto miglioramento anche dal punto di vista dell’efficienza delle comunicazioni. (…) Vi saranno miliardi di oggetti collegati alla rete in contemporanea in tutto il mondo: gli attuali network non sarebbero certamente in grado di gestire una così grande mole di dispositivi connessi, ma il 5G lo potrà fare” (F. Vendrame, Tutto sarà connesso). Sarà possibile offrire una serie “aperta” di servizi di valore aggiunto per il cittadino, e questa realtà aumentata e immediata sarà il volano di un’innovazione profonda della “Networked Society”, con nuovi prodotti, e nuove soluzioni, nuove industrie; ma soprattutto, per noi notai, nuovi equilibri e nuovi servizi.
Ci saranno i Notai-5G?

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