Il Tribunale di Roma nella sentenza del 18 gennaio 2017 n. 775 torna a parlare di format e lo fa in un settore in forte evoluzione: l’informazione.
Questi i fatti della vicenda.
L’attrice ritenendosi esclusiva titolare di un format televisivo, nello specifico un telegiornale che trattava unicamente notizie liete (Il TG della Felicità), domandava al Tribunale di Roma – sezione Impresa – che fosse inibita la diffusione di un prodotto concorrente (“Good news”) diffuso nel circuito delle rete internet sulla piattaforma di Yahoo, coincidente per struttura e contenuto con la propria creazione di cui rivendicava i diritti esclusivi di sfruttamento economico, ritenuti illecitamente lesi dal concorrente.
Il Tribunale capitolino, affrontando il delicato tema della tutela autorale del format televisivo, rigettava la pretesa attorea per carenza di compiutezza espressiva e novità del programma dell’attrice che, dunque, si vedeva negato il riconoscimento di creazione dell’intelletto.
Nella parte motiva della sentenza viene esplicitato che la struttura in cui si articolava il programma televisivo dell’attrice (intervista di gente comune e raccolta di auguri e felicitazioni) non presentava elementi di peculiarità ed originalità tali da distinguerla, sotto il profilo creativo e di originalità dell’opera, rispetto alla tradizionale struttura dei telegiornali, indipendentemente quindi dai temi e dalle notizie trattate che non avevano alcuna rilevanza ai fini della rivendicata protezione autorale.
La sentenza in commento nell’individuare gli elementi necessari affinché un programma sia qualificato come format e, in particolare, come format televisivo, tocca – seppur in modo trasversale – un tema sempre più aperto in materia di proprietà intellettuale e concorrenza: la tutela e il libero utilizzo delle informazioni. Due temi quelli affrontati: nozione e individuazione di un format, da un lato, e tutela e protezione delle informazioni, dall’altro, che stante le ampie zone grigie, lasciano spazi a dubbi e divergenze interpretative.
Il Tribunale di Roma nel richiamare i principi cardine (creatività – ancorché non assoluta e complessa – , originalità, individualità e compiutezza espressiva) affinché una creazione possa assurgere ad opera dell’intelletto e conseguentemente beneficiare della protezione autorale, definisce gli elementi in presenza dei quali è possibile parlare di format televisivo: “struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa e idonea a consentire lo sviluppo della rappresentazione secondo articolazioni sequenziali e tematiche individuate inizialmente, in modo tale da dar vita ad uno spettacolo dalla struttura esplicativa ripetibile”.
Sulla base di tali premesse, il Tribunale capitolino rigetta la pretesa avanzata dall’attrice, ritenendo che la forma espressiva del telegiornale (i.e. la sua struttura) non sia originale e creativa: lo schema utilizzato riprende modelli già utilizzati e ampiamente sfruttati, né il contenuto degli argomenti trattati (good news) può conferire un valore sostanziale alla creazione, tale da riconoscerle la qualifica di opera del diritto d’autore.
È dunque la compiutezza espressiva a prevalere rispetto alle idee racchiuse nello schema che, nel concreto riguardano le notizie diffuse.
La sentenza, come anticipato, offre lo spunto per affrontare alcuni temi:
a) L’atipicità del format: nozione ed individuazione.
Affinché si possa parlare di opera dell’ingegno occorre che la stessa presenti alcuni requisiti tipici minimi; tali requisiti, in assenza di una definizione normativa di format, sono stati ricavati dalla esplicitazione fornita da SIAE (circolare n.66 del 1994), secondo cui, per potersi definire “format”, ed essere tutelata dal diritto d’autore, un’opera deve presentare, come elementi qualificanti, articolazioni sequenziali e tematiche, costituite da un titolo, un canovaccio o una struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi, così realizzando una struttura esplicativa ripetibile del programma.
In realtà non è solo la presenza di elementi qualificanti (il titolo, la struttura narrativa di base – cd “concept”, la scheda analitica, ovvero lo sviluppo dettagliato e analitico del concept, l’apparato scenico e i personaggi) a consentire la tutela giuridica del format, quanto la loro compiutezza espositiva che, in concreto, è idonea a dar luogo ad una immediata rappresentazione teatrale o radiotelevisiva in assenza di ulteriori elaborazioni. In altre parole, dovrebbe essere sufficiente leggere e decodificare il format per essere in grado di attuare concretamente il programma, come se fosse il copione di una pièce teatrale in cui sono specificati fin nei minimi particolari: l’indicazione e la definizione dei ruoli principali ( ad es. la conduzione, i concorrenti, le modalità di selezione di questi ultimi), i tempi, le pause, la descrizione delle componenti visive o sonore caratterizzanti il programma, il ruolo e le caratteristiche del/i presentatore/i, gli ospiti, i momenti di intrattenimento, i meccanismi di gioco ove presenti etc.
Sul punto, il Tribunale di Roma richiama un precedente di legittimità in base al quale “Se tali elementi facciano difetto, o se non siano elaborati in modo sufficientemente chiaro e definito non è possibile invocare la tutela afferente alle opere dell’ingegno, perché si è in presenza di un’ideazione ancora così vaga e generica da essere paragonabile ad una scatola vuota, priva di qualsiasi utilizzabilità mercantile e carente dei requisiti di creatività e individualità indispensabili per la configurabilità stessa di un’opera dell’ingegno” Cassazione 13 ottobre 2011 n. 21172.
Il requisito della compiutezza espressiva è difatti imposto dal principio secondo cui il diritto d’autore non protegge le idee (anche se originali) e pertanto nemmeno le opere in cui la forma si identifichi completamente con esse; oltre al fatto che affinché un prodotto dell’ingegno possa essere considerato “opera” e quindi rivendicare protezione autorale, insieme ai prerequisiti di “novità” ed “originalità” rispetto a quanto creato, deve essere estrinsecato in una forma esterna e questa deve essere completa.
Ad ulteriore sostegno alla decisione, viene inoltre richiamata la sentenza emessa dalla Suprema Corte, Sezione Prima Civile (17 febbraio 2010, n. 3817), in una fattispecie relativa ad un format televisivo, che ha difatti negato tutela ad un programma televisivo prevalentemente caratterizzato da contenuti rimessi all’improvvisazione e privi di qualsiasi struttura predefinita.
Di format come opera del diritto d’autore inizia ad aversi un pieno riconoscimento solo a partire dal 2005, quando i tribunali di merito (in particolare il Tribunale di Roma con la sentenza n. 21745 del 13 ottobre 2005 riguardante i programmi televisivi “Le lene” e “Tacchi a Spillo”) abbandonano il precedente orientamento secondo cui non era riconosciuta rilevanza creativa agli schemi di programmi televisivi in quanto rappresentativi di semplici idee prive di espressione formale e, dunque, insuscettibili di assurgere ad opera dell’intelletto per assenza individualità e compiutezza di rappresentazione.
A partire da tale momento, invece, inizia a farsi largo l’opinione che il format possa godere dei diritti di privativa autorale se contiene nel dettaglio tutti gli accorgimenti da seguire per la corretta attuazione del programma/rappresentazione.
Ciò che rileva non è né il deposito del format presso la SIAE (atteso che tale adempimento non comporta alcun preventivo accertamento della sussistenza dei requisiti di tutelabilità richiesti dalla Legge 633/1941) né lo schema, il telaio, la trama in sé ma la concreta estrinsecazione nei singoli elementi compositivi che possono trovare una concreta attuazione in una “scaletta” o nella minuziosa descrizione di una puntata tipo, fino ad arrivare alla realizzazione video (o audio) della “puntata zero”.
Trattandosi evidentemente di un’opera complessa e composta da svariati elementi, i diritti di sfruttamento economico spetteranno ad una pluralità di soggetti dall’ideatore- autore (persona fisica), al produttore sino al broadcaster.
b) Giurisprudenza di legittimità e di merito sulla tutela del format.
Precedenti sulla rilevanza dell’estrinsecazione esterna dell’opera non mancano; la giurisprudenza di legittimità e di merito, chiamata a pronunciarsi sulla tutela autorale del format, non ha esitato a puntare l’attenzione sull’essenzialità della forma espressiva delle idee. Si ricordano in particolare:
Cassazione civile, Sez. I, 4/9/20014 n. 17903 che in tema di media, ritiene che autore non sia colui che si limiti a suggerire l’idea di un programma radiofonico e televisivo, ma solo colui in grado di sviluppare in modo organico e completo quella specifica idea. In definitiva, lo schema e l’embrione del programma non basterebbe ma andrebbe integrato con un’elaborazione organica, in modo che tale idea possa assumere un’espressione compiuta nell’ambito dei generi creativi conosciuti.
Cassazione civile, sez. I, 13/10/2011, n. 21172: in tema di diritto d’autore relativamente a programmi televisivi (nello specifico una serie televisiva che aveva ad oggetto le vicende personali e l’attività di un commissariato di polizia), la Suprema Corte ha escluso che potesse essere protetta la mera ideazione, senza ulteriori dettagli. Anche in questo caso, la Corte ritiene che al fine di stabilire se un format integri (o meno) gli estremi dell’opera dell’ingegno, ritiene che sia necessario che vi sia una struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa, la quale sia caratterizzata dall’individuazione iniziale almeno degli elementi strutturali della vicenda, quali l’ambientazione nel tempo e nello spazio, i personaggi principali, il loro carattere e il filo conduttore della narrazione, soprattutto – come nel caso di specie – quando si tratti di un’opera caratterizzata da uno sviluppo narrativo diacronico, articolato in una successione di episodi.
Corte di Appello di Roma, 21 marzo 2016, in merito al format di “Amici” è stata confermata la sentenza di primo grado che ha negato tutela autorale sulla base dell’assenza della compiutezza espressiva e dell’assenza di creatività.
Corte d’appello Roma, Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale, 18/02/2013 in materia di diritti d’autore relativi a programmi televisivi, ritiene che al fine di stabilire se un format integri gli estremi dell’opera dell’ingegno protetta dal diritto di autore, si debba aver riguardo alla struttura programmatica e che questa debba essere dotata di un grado minimo di elaborazione creativa, caratterizzata dall’individuazione degli elementi strutturali della vicenda.
Tribunale di Roma, 23/9/2011 con cui è stata inibita a Mediaset-RTI la trasmissione televisiva “Baila”, risultata essere in contraffazione di “Ballando con le stelle” proposta dalle reti RAI. Secondo il Tribunale di Roma il contributo innovativo di quest’ultima, e il conseguente riconoscimento come opera del diritto d’autore, era da rintracciare nella combinazione (nuova ed individualizzante) di elementi comuni (la danza in televisione, la gara tra concorrenti etc.).
c) L’ammissibilità (o meno) della tutela autorale delle notizie.
La sentenza in commento, come anticipato, tocca seppur in modo marginale un tema di grande e sempre più rilevante interesse: l’ammissibilità o meno della tutela delle notizie in sé, soprattutto nel circuito della rete internet laddove sono sempre più presenti aggregatori di notizie o applicazioni che raccolgono frammenti di notizie per poi essere riorganizzate, grazie ad un algoritmo, secondo una nuova indicizzazione.
Diversi sono gli editori, i blogger o le agenzie di stampa che lamentano la violazione sui contenuti e, più in generale delle notizie, come a voler pretendere un diritto di privativa sul fatto in sé.
La sentenza del Tribunale di Roma richiama un principio fondamentale in materia autorale: “la tutela…va riconosciuta solo alla forma rappresentativa o espressiva di fatti, conoscenze, idee, opinioni e sentimenti, ma non si estende anche al contenuto degli stessi”.
La questione è tutt’altro che scontata, soprattutto nel nostro ordinamento, dove non esiste un diritto sulla notizia giornalistica in astratto che, dunque di per sé è insuscettibile di essere protetta come tale, posto che si tratta di un mero dato informativo grezzo, non elaborato o minimamente elaborato, la cui ratio è da rintracciare nel favor riconosciuto alla circolazione delle informazioni nel pubblico. Se dunque il libero utilizzo degli articoli di giornali (in cui la notizia ha già assunto la forma di un’opera dell’ingegno – i.e. l’articolo e il giornale) è soggetto alle limitazioni previste dall’art. 65 LdA, la riproduzione e la radiodiffusione delle notizie è libera purché non sia effettuato con modi contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché venga citata la fonte delle informazioni utilizzate (101 LdA).
Su un piano ancora diverso si collocano gli snippets (cd. miniature, frammenti di notizie, porzioni di materiali trovate on-line) servizio offerto da Google News, di fatto un aggregatore di notizie presenti in internet, che attraverso un sistema di linkaggio, riconducono alla pagina originale da cui è stato preso l’estratto. La questione sulla liceità o meno di tale servizio offerto gratuitamente agli utenti da parte di Google è aperta. Il noto motore di ricerca rivendica la liceità di tale attività facendo leva sul principio dell’uso di informazioni non proprietarie, in ragione di quanto precedentemente osservato. I soggetti linkati, invece, ritengono che gli snippets siano elaborazioni o addirittura copie di opere protette dal diritto d’autore, utilizzate con un sistema capace di sottrarre utenti (e quindi introiti pubblicitari) dalle pagine originarie e dirottate su quelle del noto portale.
Nel nostro ordinamento la soluzione potrebbe essere rintracciata nell’applicazione estensiva dell’articolo 65 LdA, sempre che i titolari dei siti internet linkati non mettano la riserva per evitare la libera riproduzione degli articoli da parte di Google oppure, ma questo è un altro tema, riconoscendo un diritto connesso sulla notizia (tentativo che era stato perseguito nel collegato alla finanziaria del 2006 attraverso il riconoscimento di un compenso per la riproduzione totale o parziale e in qualsiasi forma di articoli) con l’evidente rischio di considerare quest’ultima come un bene suscettibile di essere monetizzata.