La piattaforma The Pirate Bay colpevole di contraffazione

0

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, chiamata a pronunciarsi nell’ambito di in una vertenza (C – 610/15) di matrice olandese sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafo 1 e  8, paragrafo 3, della direttiva Infosoc (2001/29/CE) sull’armonizzazione di alcuni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, nonché sull’articolo 11 della direttiva  “Enforcement” (2004/48/CE) che disciplina gli aspetti sanzionatori e i rimedi giurisdizionali in tema di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, ha ritenuto che la messa a disposizione e la gestione di una piattaforma di condivisione online peer-to-peer, come “The Pirate Bay”, configuri una “comunicazione al pubblico”, con la conseguente violazione dei diritti d’autore rispetto alle opere condivise il cui utilizzo non sia stato autorizzato dai titolari dei diritti di sfruttamento economico delle stesse.

I fatti

La pronuncia della Corte di Giustizia origina da un contenzioso promosso da Stichting Brain (Fondazione dei Paesi Bassi che protegge gli interessi dei titolari del diritto d’autore) nei confronti della Ziggo BV e della XS4ALL, entrambi Fornitori di Accesso Internet (FAI), finalizzato ad ottenere un provvedimento destinato a bloccare i nomi a dominio e gli indirizzi IP della piattaforma di condivisione online  “The Pirate Bay” (una piattaforma informatica di trasferimento di file,  cd. peer-to-peer  (P2P) a mezzo di file torrent,  che mette gli utenti nella condizione di scambiarsi opere dell’ingegno protette).

In sintesi: Stichting Brain chiede di ottenere un provvedimento inibitorio contro i fornitori di connettività per le violazioni commesse da un terzo attraverso la rete internet, un’ingiunzione quindi destinata a bloccare l’accesso al sito internet  The Pirate Bay nonché a sospendere le connessioni internet degli utenti (i.e. abbonati della Ziggo BV e della XS4ALL ) che attraverso la connessione di rete usufruiscono del servizio di P2P, scaricando abusivamente contenuti protetti dal diritto d’autore.

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda dell’ente per la gestione dei diritti d’autore, decisione che era stata modificata in fase di gravame, ritenendo il provvedimento inibitorio inefficace e restrittivo della libertà di impresa dei  Fornitori di Accesso Internet.

La Corte suprema dei Paesi Bassi, investita del terzo grado di giudizio, rilevava che al fine del decidere fosse necessario risolvere una questione pregiudiziale, posto che non vi era certezza in merito alla possibilità di qualificare l’operatività della piattaforma di condivisione The Pirate Bay come una comunicazione al pubblico delle opere in base alla direttiva Infosoc.

È in questo contesto che la Corte di giustizia dell’Unione europea è stata chiamata a rispondere sulle seguenti questioni pregiudiziali:

(i) se sia possibile configurare una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’artico 3, paragrafo 1 della direttiva 2001/29, l’attività del gestore di un sito Internet nel caso in cui sul predetto sito non si trovino opere protette ma sussista  un sistema con cui vengano indicizzati e categorizzati metadati relativi ad opere protette, affinché gli utenti al predetto sito possano reperire, caricare e scaricare opere protette;

(ii) nel caso in cui alla prima questione sia data risposta negativa, se gli articoli 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 nonché l’articolo 11 della direttiva 2004/48 consentano di emettere un’ingiunzione nei confronti di un intermediario, laddove quest’ultimo faciliti attività illecite di terzi, come indicato nel primo quesito.

La tecnica informatica del peer-to-peer.

La messa in circolazione nella rete Internet di opere protette dal diritto d’autore attraverso la tecnologica informatica di trasferimento di file P2P consiste in un sistema di condivisione decentrato di file e dei protocolli di trasferimento tra utenti. In sostanza, la diffusione dell’opera coperta dal diritto d’autore non avviene dal centro (dal sito web) verso la periferia (che riceve il downloading), ma da utente (che effettua l’uploading) ad utenti che lo ricevono, quindi da “pari a pari” (peer-to- peer) non essendoci un centro (il sito web) che diffonda l’opera, trasferendola verso la periferia degli utenti. L’opera è dunque già decentrata, trovandosi presso gli stessi utenti e da questi è trasferita e diffusa ad altri utenti. Le informazioni e i dati sono pertanto presi da ogni singolo computer connesso in rete che condivide in upload i vari file, di fatto ogni computer connesso di ciascun utente  svolge una funzione di server.

Tale sistema è reso possibile attraverso la frammentazione dell’opera che genera file torrent (frammentazione ottenuta per mezzo di un software  specifico non direttamente disponibile attraverso la piattaforma di condivisione) in modo da coinvolgere più utenti nell’attività di uploading. La  frammentazione nell’attività di uploading comporta che la messa in rete dell’opera sia riferibile ad una pluralità di utenti che diffondono una parte dell’opera su file torrent; ricomponendo i frammenti, secondo i protocolli (le “chiavi” per il tracciamento  dei frammenti, nel caso di specie BitTorrent) che si trovano nel sito “centrale”, l’opera è trasferita interamente.

Il titolare del sito “centrale” tuttavia non si limita a fornire i protocolli ma fa qualcosa in più: ossia indicizza le informazioni che pervengono dagli utenti, consentendo di fatto agli utenti di chiedere il downloads di un’opera piuttosto che di un’altra, quindi in sostanza dando origine ad una sorta di motore di ricerca in grado reperire (come se fosse una calamita) le opere suddivise per tipologie (musica, film etc.).

A questo punto il sito cessa di essere un corriere (di fare attività di mere conduit) che organizza il trasporto di dati in modo asettico e indifferente e tramite l’attività di indicizzazione consente agli utenti di individuare i file suscettibili di trasferimento e, attraverso i protocolli, di ricomporli.

Non privo di rilevanza è peraltro l’aspetto lucrativo del titolare del sito di condivisone in ragione degli introiti derivanti dalle inserzioni pubblicitarie a pagamento.

La decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea

La Corte analizza i considerando nn. 9, 10, 23 e 27 della direttiva Infosoc, evidenziando l’accesa tutela autorale che con essa si è intesa perseguire.

Presupposto della direttiva europea è che gli autori di opere dell’ingegno devono avere il diritto di sfruttarne in esclusiva le possibilità economiche e quello di ricevere un compenso per l’opera creata, indipendentemente dallo strumento con cui essa viene poi diffusa,  in modo che sia preservato e valorizzato lo sviluppo alla creatività e un’adeguata protezione giuridica dei diritti di proprietà intellettuale.

Rispetto alla direttiva Enforcement, viene richiamato il considerando n. 23 con riferimento ai rimedi volti ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e, dunque, alla possibilità per i titolari dei diritti d’autore di ottenere un provvedimento inibitorio nei confronti di un intermediario i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare i diritti del titolare.

Chiarito il quadro di riferimento, la Corte, rispetto al caso concreto relativo alla condivisione di file torrent, parte dal presupposto che in base all’articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 2001/29, ciascun autore goda del diritto esclusivo di autorizzare (o vietare) qualsiasi comunicazione al pubblico con qualsiasi modalità venga attuata e, come tale diritto, abbia natura “precauzionale”, in grado cioè di frapporsi tra gli utenti e la comunicazione che questi ultimi potrebbero voler effettuare, vietandola.

Rispetto alla nozione di “comunicazione al pubblico” ne viene messa in risalto l’ampia accezione, rilevando nel contempo la presenza di due elementi costanti e cioè l’ “atto di comunicazione” di un’opera (l’intervento che consente di accedere ad un’opera protetta in mancanza del quale non sarebbe possibile fruire della medesima) e la comunicazione di quest’ultima ad un “pubblico” (inteso come un numero indeterminato e piuttosto considerevole di destinatari), precisando che l’uno o l’altro dei predetti elementi deve essere “diverso”:  quindi o la comunicazione deve essere effettuata con modalità tecniche fino a quel momento non utilizzate oppure si deve essere in presenza di un pubblico nuovo, cioè un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dai titolari dei diritti d’autore nel momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale della loro opera.

Affinché si possa parlare, in base all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva Infosoc, di un “atto di comunicazione”, la Corte chiarisce che  “è sufficiente … che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, dal luogo e nel momento da loro scelti individualmente, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità” (richiamando in proposito la sentenza 8 settembre 2016, GS Media, C- 160/15 in merito a link non autorizzati che consentivano l’accesso a contenuti digitali di terzi protetti dal diritto d’autore).

Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte ritiene che vi possa essere un “atto di comunicazione” ogni volta che l’utente metta consapevolmente a disposizione dei suoi clienti opere protette.

Nel caso di specie, la Corte rileva che gli amministratori della piattaforma The Pirate Bay svolgano un ruolo imprescindibile nella messa a disposizione delle opere ancorché siano gli utenti della piattaforma ad occuparsi di condividere materialmente online le opere protette; nonostante ciò, rileva puntualmente la Corte, l’attività di indicizzazione dei file torrent e di gestione della piattaforma svolta dagli amministratori del sito anche attraverso l’eliminazione di file torrent obsoleti o errati, consente agli utenti di localizzare e scaricare dagli altri utenti di tale piattaforma le opere protette, attività, quelle appena indicate, senza le quali le opere non sarebbero in grado di essere condivise.

Alla luce delle predette considerazioni, la Corte di giustizia risponde affermativamente al primo quesito, ritenendo che la fornitura e la gestione di una piattaforma di condivisione online, come The Pirate Bay, configurino un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, comunicazione effettuata ad un pubblico rilevante (si stimano diverse decine di milioni di “peers”) e che non è stato preso in considerazione dai titolari dei diritti d’autore su tali opere al momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale e, dunque, un pubblico “nuovo”.

Cosa accadrà?

Sulla base della predetta decisione, spetterà ora alla  Corte suprema dei Paesi Bassi decidere in che misura e secondo quali modalità dovrà essere bloccato l’accesso al sito The Pirate Bay, senza dimenticare che la Corte di giustizia nel caso UPC Telekabel Wien GmgH del 27 marzo 2014 (causa C‑314/12), si era già pronunciata limitando tale possibilità di interruzione di accesso ad un sito internet. Si tratta quindi del contemperamento tra la tutela  del diritto d’autore, da un lato,  e la liberà di impresa dei FAI, dall’altro, che ricordiamo essere terzi rispetto agli atti di contraffazione commessi dai loro abbonati.

Share this article!
Share.

About Author

Leave A Reply