I complessi contorni della nozione di pubblicità politica alla prova delle elezioni europee 2024

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1. L’esigenza di regole armonizzate in materia di pubblicità politica

I media digitali rappresentano ormai uno dei canali principali (se non forse il primo) per la diffusione delle informazioni politiche. Non sorprende che il numero di campagne politiche che si svolgono negli ecosistemi digitali stia seguendo una parabola ascendente, vista e considerata la crescente partecipazione della popolazione nei luoghi virtuali privati piuttosto che in quelli fisici pubblici.

Gli ambienti digitali diventano sempre più il “place to be” per ottenere il sostegno del pubblico. Le strategie pubblicitarie hanno preso coscienza delle diverse dinamiche di acquisizione del consenso sociale, introducendo nuove pratiche, come l’utilizzo dei dati personali, il coinvolgimento di influencer per la produzione di contenuti social senza la specificazione del finanziatore politico, nonché l’assunzione di lavoratori per diffondere informazione e disinformazione.

Ciò evidentemente rischia di avere delle ripercussioni sul corretto svolgimento di un sano dibattito politico, pregiudicando i diritti fondamentali all’informazione, alla privacy, alla partecipazione democratica e alla leale competizione elettorale.

Giova premettere che sino a poco tempo fa il quadro giuridico europeo in materia di pubblicità politica risultava particolarmente frammentato, riflettendo le diverse tradizioni politiche nazionali. Alcuni Stati membri avevano introdotto divieti alla pubblicità politica anonima duranti i periodi elettorali laddove altri avevano imposto obblighi di trasparenza riguardanti l’ente finanziatore.

In uno scenario complicato dalla proliferazione, accelerata dalla crisi pandemica da Covid-19, dei nuovi media e metodi per finanziare e diffondere messaggi politici, la Commissione europea ha cercato di prevenire le recenti disfunzioni elettorali d’oltreoceano elaborando una proposta di regolamento sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica.

L’imperativo di stabilire garanzie digitali per assicurare l’integrità delle elezioni attraverso un intervento legislativo ad hoc è stato ben evidenziato nel Piano di azione per la democrazia europea ove si afferma che la trasparenza nel finanziamento dei contenuti politici costituisca un requisito fondamentale per preservare il dibattito democratico. La proposta della Commissione, finalizzata anche a scongiurare il rischio di frammentazione negli standard di trasparenza sulla pubblicità politica richiesti dalle legislazioni degli Stati membri, ha trovato una formulazione definitiva a seguito dell’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio nel marzo 2024.

2. L’ambito di applicazione del regolamento relativo alla trasparenza e al targeting della pubblicità politica

L’art. 2 del regolamento ne definisce il perimetro applicativo indirizzandosi ai messaggi di pubblicità politica sia diffusi nell’UE, sia resi di dominio pubblico in uno o più Stati membri o siano rivolti ai cittadini dell’UE, indipendentemente dal luogo di stabilimento dei prestatori di servizi o dal luogo di stabilimento dello sponsor e a prescindere dai mezzi utilizzati.

La ratio della norma è intuitivamente quella di assoggettare agli obblighi di trasparenza previsti dal regolamento anche – se non soprattutto – i grandi motori di ricerca e le grandi piattaforme online al di là dell’oceano.

Per meglio decifrare l’ambito di applicazione del regolamento occorre far riferimento alla nozione di pubblicità politica prevista all’art. 3, n. 2, definita in senso ampio come la «preparazione, collocazione, promozione, pubblicazione, consegna o diffusione, con qualsiasi mezzo, di un messaggio fornito normalmente dietro retribuzione o tramite attività interne o nell’ambito di una campagna di pubblicità politica:

a) di, a favore o per conto di un attore politico, salvo se di natura meramente privata o meramente commerciale; oppure
b) che possa e sia inteso a influenzare l’esito di un’elezione o un referendum, un comportamento di voto o un processo legislativo o regolamentare, a livello dell’Unione, nazionale, regionale o locale».

Un primo dubbio interpretativo potrebbe attenere a cosa debba intendersi per “attività interne”. A tal proposito, il Considerando 24 qualifica tautologicamente le attività interne come quelle attività svolte all’interno di un’entità che agisce per proprio conto e che possono influenzare l’esito di un’elezione o referendum, un comportamento di voto o un processo legislativo o regolamentare. Né vi sono ulteriori delucidazioni in merito a quale tipo di entità (se ad esempio occorra una forma societaria dotata di personalità giuridica o sia sufficiente una forma associativa) si rivolga il regolamento.

Ma il dubbio più significativo sembra riguardare l’identificazione delle forme di pubblicità politica esenti dal regolamento, ovvero quelle meramente private e quelle meramente commerciali. Nel primo caso potrebbe ipotizzarsi il caso di una persona che vogliamanifestare i propri credi politici sui social media. Nulla quaestiose il post proviene da un soggetto che registri decine, centinaia o anche qualche migliaio di followers. Qualche perplessità potrebbe sorgere laddove lo stesso messaggio di sostegno o di avversione verso un partito o attore politico sia pubblicato senza remunerazione da un influencer, come definito all’art. 5 delle linee guida AGCOM ad essi dedicate. In tal caso, il rischio per l’appunto di influenzare i risultati elettorali o quelli di un referendum sarebbe certamente più tangibile, rientrando così nel mirino della disposizione. Sull’altro piatto della bilancia si pone la necessità di garantire la libertà di espressione (anche politica), ai sensi degli artt. 21 Cost. e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Accanto all’identificazione della pubblicità meramente privata occorre individuare quella meramente commerciale. A tal riguardo, il Considerando 22, sostanzialmente ripetuto all’art. 8,enuclea alcuni indici che dovrebbero agevolare la riconduzione di un messaggio di pubblicità politica all’una o all’altra categoria, ovvero il contenuto, lo sponsor del messaggio, il linguaggio utilizzato per veicolare il messaggio, il contesto in cui il messaggio è veicolato, compreso il periodo di diffusione, l’obiettivo del messaggio e i mezzi con cui il messaggio è preparato, collocato, promosso, pubblicato, consegnato o diffuso, nonché i suoi destinatari. Il Considerando aggiunge altresì che sarebbe probabile che i messaggi riguardanti lo stato di famiglia o le attività imprenditoriali di un attore politico siano meramente privati o meramente commerciali.

Nonostante la lista di criteri, resta comunque sfocato il confine tra pubblicità politica “semplice” (che comunque prevede una retribuzione economica) e pubblicità politica avente natura meramente commerciale posto che entrambe sembrano connotate sia da una componente politica che da una componente economica. Inoltre, le Autorità designate per l’applicazione del regolamento potrebbero assegnare pesi diversi agli indici appena indicati, giungendo a qualificare diversamente simili messaggi di pubblicità politica. Al fine di evitare un effetto boomerang rispetto al tentativo di armonizzazione, l’art. 8 aggiunge che sarà compito della Commissione quello di elaborare orientamenti comuni volti a facilitare la corretta applicazione dell’articolo.

Nonostante il regolamento sia già entrato in vigore al momento di stesura di questo blogpost, si segnala che la maggior parte delle disposizioni sarà applicabile soltanto dopo che saranno decorsi diciotto mesi, ovvero nell’autunno 2025. Ergo, le succitate disposizioni, eccetto l’art. 5 sull’applicazione del principio di non discriminazione in base al luogo di residenza o stabilimento dello sponsor, non dovrebbero produrre effetti per le attuali campagnepolitiche relative alle elezioni europee 2024.

3. La caldeggiata attuazione anticipata del regolamento nelle linee guida a tutela dell’integrità dei processi elettorali.

L’uso del condizionale non è casuale. Il 26 aprile 2024 la Commissione europea ha infatti elaborato delle linee guida per i fornitori di piattaforme online e i motori di ricerca online che superano determinate soglie dimensionali al fine di attenuare i rischi sistemici per i processi elettorali ex art. 35, par. 3, del DSA.

La lett. e) del documento è dedicata alla pubblicità politica. In particolare, si raccomanda ai destinatari del DSA di prepararsi all’entrata in vigore del regolamento 2024/900, incoraggiandoli a tener conto delle rispettive definizioni. La corretta applicazione degli orientamenti richiederà di considerare altresì le definizioni di pubblicità politica privata e commerciale, nonché dei rispettivi criteri per intercettarle.

La Commissione raccomanda un’attuazione anticipata del regolamento 2024/900, in particolare per quanto attiene alla comunicazione agli utenti sui messaggi di pubblicità politica pubblicati, alla tenuta di un registro di pubblicità politica, alla prevenzione dell’uso improprio dei sistemi pubblicitari.

Alla lett. f) le linee guida si riferiscono agli influencer ponendo l’accento sulla loro capacità di incidere notevolmente sulle scelte elettorali dei destinatari del servizio di pubblicità politica. A tal proposito, si raccomanda ai grandi operatori della rete di offrire agli influencer una funzionalità per dichiarare in modo chiaro, evidente e privo di ambiguità, che i contenuti forniti sono o contengono pubblicità politica. Nulla è tuttavia previsto nel caso di comunicazioni indipendenti dalla corresponsione di una remunerazione.

4. Verso il primo informale stress test dei criteri per l’intercettazione della pubblicità politica

Nonostante il regolamento 2024/990 entrerà in vigore soltanto dopo le elezioni europee 2024 le linee guida della Commissione europea in attuazione del DSA aprono la possibilità di una anticipata “messa a terra” delle disposizioni in esso contenute.

Ciò potrebbe rappresentare un’opportunità per cominciare ad individuare i problemi applicativi del regolamento, specialmente quelli discendenti da un apparato definitorio foriero di svariate incertezze interpretative.

Potrebbe cogliersi altresì l’occasione per dettagliare la disciplina della comunicazione politica da parte degli influencer, cercando un bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e integrità del processo elettorale.

Al netto di una necessaria operazione di fine-tuning, deve in ogni caso salutarsi con favore l’intento armonizzatore volto a creare un unico sistema di regole per la fornitura di servizi di pubblicità politica in tutto il territorio europeo, divenendo la trasparenza la parola chiave per la corretta partecipazione dei cittadini alla vita politica.

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